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QUÈRT – RaiNews dice no ai video dell’ISIS

RaiNews dice no ai video dell’ISIS

Monica Maggioni, direttrice di RaiNews24, in un editoriale del 25 febbraio ha annunciato che il telegiornale non darà più spazio ai video di propaganda dell’ISIS. La decisione, assunta dopo mesi nei quali la redazione si era interrogata sull’uso da fare del materiale video prodotto dallo Stato Islamico, è stata motivata dal fatto di voler fermare lo sfruttamento dei media occidentali, che diventavano casse di risonanza per le violenze commesse dai terroristi. E’ una decisione giusta?

A me sembra di sì. Non solo per i contenuti dei video targati ISIS – contenuti che integralmente non sono stati mostrati dalle TV italiane ma che sappiamo, per esperienza diretta o tramite resoconto, contenere tra le altre cose decapitazioni e roghi di soldati nemici, oltraggio ai cadaveri dei nemici caduti, defenestrazioni e lapidazioni di omosessuali, esecuzioni sommarie di “pagani”. Non solo per la violenza che negli ultimi mesi ha contraddistinto i terroristi aderenti allo Stato Islamico. Ma anche perché dietro a questo materiale video e fotografico si cela un’attenta regia, una vera e propria strategia del terrore e del reclutamento volta a diffondersi in primis nei paesi occidentali.

Come spiegare altrimenti i finti reportage in cui giornalisti occidentali sono obbligati a piegarsi alla propaganda dell’ISIS, con colonne sonore e riprese dall’alto (compiute da piccoli droni ad elica, ironia della sorte)? Come chiamare video che richiamano anche gli stereotipi dell’Occidente su un Medio Oriente da mille e una notte, tutto cielo e deserti, in cui al posto dei cammelli troviamo blindati carichi di uomini in nero armati fino ai denti? E come mai per la prima volta i video sono girati con una specie di narratore che parla in inglese, un cittadino del Regno Unito su cui si stanno focalizzando le attenzioni nelle ultime settimane?

La decisione di RaiNews24 è saggia perché toglie allo Stato Islamico un’arma: quella della diffusione del proprio messaggio. Una presa di posizione simile era stata tenuta dal Telegraph dopo le prime uccisioni di reporter britannici: non mostrare le ultimi immagini da vivo del martire, vestito di arancione come i detenuti statunitensi, ma ricordarlo tramite le foto di contesti gioiosi e sereni in Patria. Monica Maggioni ha sottolineato però come l’informazione non debba chiudere gli occhi ai telespettatori, ma come abbia invece la responsabilità di filtrare quello che proviene dall’esterno e depurarlo degli aspetti di pura propaganda. Qui sta anche la responsabilità dei media, corpi intermedi fondamentali. Se svolgono la loro funzione devono offrire al telespettatore una notizia, un approfondimento e una prospettiva, ma senza essere strumentalizzati da chi usa violenza e morte per esportare le proprie idee antidemocratiche.

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