EMERGENZA ROM A FAENZA 2.0
EMERGENZA ROM 2.0
Per la creazione di un lessico comune
“Famiglia” “Casa” “Abitazione”
Sono queste le tre parole del lessico che intendiamo approfondire in questo nuovo articolo sull’«emergenza Rom» a Faenza, dopo che il primo era stato dedicato ad una sommaria, ma necessaria, analisi della storia dei campi nomadi e dell’assenza di un progetto serio portato avanti da parte dell’amministrazione comunale.
IL LESSICO
FAMIGLIA = «Istituzione fondamentale in ogni società umana, attraverso la quale la società stessa si riproduce e perpetua, sia sul piano biologico, sia su quello culturale. (…) malgrado la sua universalità, la f. assume nei diversi contesti sociali e culturali una straordinaria varietà di forme, sì da rendere problematico individuare un tratto distintivo che la caratterizzi in ogni circostanza».
CASA = «Edificio realizzato essenzialmente per scopo abitativo e residenziale»
ABITAZIONE = «Varia e assume forme diverse in relazione alle condizioni climatiche, ai mezzi tecnici messi in atto per la costruzione, ma anche all’organizzazione sociale e alla cultura di un determinato gruppo».
È evidente come si crei un cortocircuito tra queste tre parole nel momento in cui sovrapponiamo la nostra concezione di famiglia, casa e abitazione con quella presente in alcune culture Rom, dove la vita all’aria aperta è una componente fondamentale, così come la grande ampiezza dei nuclei famigliari e l’insofferenza per la forma-casa dell’appartamento. Se il problema Rom a Faenza esiste, e noi siamo tra coloro che lo sostengono, non può essere certamente risolto applicando meccanicamente i nostri schemi mentali sulla vita di queste persone. Il risultato sarebbe semplicemente fallimentare (come lo è stato quello dei campi nomadi), tanto per loro quanto per il resto della cittadinanza[1]. Il problema è molto più complesso, e proprio per la sua complessità non può essere risolto né con forme di intolleranza ed emarginazione né semplicemente lasciando queste famiglie a vagare per la strada causando atti d’inciviltà o disagi verso la cittadinanza, senza pretendere da loro il rispetto di alcune norme civili fondamentali.
DUE FAMIGLIE ROM, DUE “CASE”
Che fare dunque? Noi riteniamo sia arrivato il momento di abbandonare gli slogan (pro e contro) e le percezioni di insicurezza date dai media locali (c’è chi parla ancora di quella Rom come di un’”invasione” , quando in realtà gran parte dei 50 Rom[2] presenti sul territorio sono addirittura nati a Faenza, quindi «faentini purosangue»!!!) per addentrarci dentro la situazione, senza pregiudizi, dando un nome e un volto a quelle persone e cercando di conoscere la storia di queste famiglie di modo che possa essere trovata, per loro e per noi, una soluzione. Ogni famiglia Rom ha infatti la sua particolare storia.
Esemplificativo in tal senso sarà l’approfondimento sulla situazione di due nuclei famigliari presenti all’interno del nostro comune: quello che risiede in un terreno agricolo a Pieve Corleto e quello invece ospitato nella parrocchia di S.Savino. A Pieve Corleto abbiamo 5 membri fissi, ma ad essi di volta in volta si possono aggregare altri membri fino ad arrivare ad un numero di anche 17 persone. Vivono sostanzialmente in una capanna sgangherata e non hanno accesso all’acqua potabile, con varie difficoltà nel far seguire ai bambini un efficace programma scolastico.
Attraverso un progetto a costo zero per il Comune che coinvolge circa una dozzina di persone, la parrocchia di S.Savino ha invece ospitato un nucleo famigliare che ha suscitato non poche polemiche. Riteniamo che, al di là dei discorsi sulla legalità o l’illegalità riguardo questo atto (totalmente leciti) , ben più importante sarà cercare di leggere, vedere e capire il progetto che sta portando avanti questa comunità, valutando se ha effettivamente Senso e se è applicabile, in forme diverse, ad altri contesti.
Oltre a questi approfondimenti, cercheremo di capire come questa emergenza è stata risolta in altri centri urbani e terremo monitorata la situazione che vede la Giovanni XXIII° ed altre associazioni impegnarsi nella creazione di un tavolo di lavoro permanente volta a favorire l’integrazione della comunità Rom a Faenza.
[1] D’altronde quello dell’abitazione è uno dei problemi centrali della questione, uno dei quattro punti (assieme a istruzione, possibilità lavorativa e assistenza sanitaria) segnalati dal documento dell’Unione Europea.
[2] Ricordiamo poi che questa esasperata “invasione” coinvolge un numero di circa 50 persone in un contesto di 50.000 individui.
Il problema di fondo, aldilà della valutazione della buonafede di chi opera (che ognuno vede come preferisce), è che finora si è fatta sempre e solo assistenza, invece serve supporto alla responsabilizzazione, ma per fare questo ci vogliono dei professionisti della mediazione culturale (con curriculum evidenti) e non i soliti noti, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti