Aldo Ghetti racconta il Niballo: la giostra moderna (e il futuro del Palio)
Dopo la prima parte di intervista, che riguardava le radici storiche del Palio del Niballo, Aldo Ghetti (Ufficio Palio) racconta in questa seconda parte la giostra moderna, istituita a Faenza nel 1959. Si ripercorrono con lui i mutamenti sportivi della giostra, i grandi campioni di ieri e di oggi e i ricordi più belli in ambito Palio.
Aldo Ghetti, nella prima parte dell’intervista abbiamo analizzato le radici storiche del Palio del Niballo. Veniamo ora alla giostra moderna: la gara che vediamo oggi è la stessa dal 1969?
No. Innanzitutto c’è da dire che il Palio non si è sempre corso in questo modo. C’è stato un periodo in cui si correva con cavalieri singoli: ogni cavaliere correva, faceva un semicerchio e se non colpiva il Niballo gli veniva rovesciato un secchio d’acqua. Questo diede origine alle famose annacquate del primo periodo, a inizio anni Sessanta, dove era tradizione battersi a colpi di secchiate e idranti. Poi ci si rese conto che questo meccanismo infastidiva i cavalli – che non avevano alcun piacere a essere innaffiati d’acqua – e quindi diventava difficile continuare a correre. Così si decise di cambiare. C’erano altre giostre in Italia dove il cavaliere correva da solo ma pochissime dove i cavalieri corrono uno contro l’altro. Poi alcune giostre di questo secondo tipo sono nate dopo di noi, come a Narni e a Sulmona che, in un certo senso, abbiamo inventato noi.
Quali sono le peculiarità della nostra giostra?
Noi inventammo una corsa dove c’era la partenza contemporanea dei cavalieri e si arrivava sul bersaglio, che all’inizio era a sgancio meccanico: tu arrivavi primo e sganciavi l’altro bersaglio che si abbassava (non come adesso che si alza). Nel famoso 1969 – la prima e per molti anni unica vittoria del Rione Giallo – ci fu la situazione che portò a un arrivo pressoché contemporaneo: il secondo cavaliere, Franco Ricci del Rione Rosso, arrivò a colpire il bersaglio quando stava appena appena cominciando cadere, quindi lo colpì in un momento in cui riuscì a far partire lo sgancio anche dall’altro bersaglio, così entrambe le braccia scesero. Questo è un elemento che caratterizza fortemente la nostra giostra: cioé la vittoria è determinata interamente dalla macchina. Non è così normalmente nelle altre Giostre, di solito c’è sempre l’intervento umano o un giudice che decide. Da noi no: è la macchina che determina se hai vinto o perso. Nella situazione del 1969 ci fu una parità… è vero che – fotograficamente documentato – il Rione Giallo arrivò con almeno una trentina di centimetri di vantaggio, ma a termine di regolamento all’epoca avrebbero dovuto rifare la sfida. Quanto capitò in quell’occasione portò all’innovazione tecnologica: da quel momento in poi la macchina diventò elettronica. Quella di oggi è figlia della macchina elettronica del 1971, migliorata anche in termini di sicurezza. E i tempi di sganci del bersaglio adesso sono velocissimi… anche solo di un centesimo, come avvenuto nella scorsa Bigorda.
“Il binomio cavallo-cavaliere è inscindibile, l’emotività che passa tra i due è fortissima”
Per il resto, ci sono state altre differenze?
Per il resto la corsa è rimasta la stessa, a parte la struttura degli stalli di partenza: adesso gli stalli sono gabbie più chiuse e le partenze sono più univoche. Il cavallo ingabbiato tendenzialmente si calma di più. Poi dipende anche dal cavaliere e dalla sua tensione… Il binomio cavallo-cavaliere è inscindibile, l’emotività che passa tra i due è fortissima. Il cavallo di suo è un essere competitivo, ce l’ha d’istinto la voglia di correre e deve dimostrare di essere più veloce degli altri. Il cavallo più veloce in natura è il capo branco. Capiscono benissimo quando c’è la gara, sentono il tamburo… muovono la coda diversamente… se è in buona simbiosi col cavaliere resta calmo, altrimenti il cavallo ne subisce le conseguenze.
Dal punto di vista organizzativo invece, come era gestito il Palio del Niballo?
Io fui nominato Segretario del Palio nel gennaio del 1978, coordinavo il Comitato Palio, ossia il consiglio dei Capi Rioni… all’epoca era una sorta di associazione. Gestivo la contabilità, firmavo gli assegni, facevo le spese… e questo l’ho fatto prima di diventare dipendente comunale e poi ho continuato a seguire l’organizzazione anche da dipendente comunale fino a che sul finire degli anni ’80 l’intera organizzazione passò sotto il diretto controllo del Comune.
“E’ dimostrato che è stato possibile organizzare in proprio le manifestazioni del Niballo quando il Comune si limitava a gestire gli spazi di gara”
Come erano i rapporti tra amministrazione e Rioni, nella gestione della giostra?
Le procedure erano diverse. Il Comitato Palio chiedeva al Comune di allestirgli il campo di gara, ma per il resto veniva gestito, anche economicamente, dal Comitato Palio e i conti all’epoca finivano in pareggio. I Rioni si tenevano l’incasso del Palio, che in quel periodo non era (con le dovute proporzioni tra vecchia Lira ed Euro) inferiore a quello attuale… allora però si mettevano allo stadio più di 8mila persone… tra l’altro il nostro stadio ha la possibilità di avere l’agibilità per 8mila persone con le uscite di sicurezza, però con le normative attuali, la presenza delle tribune aggiuntive limita la possibilità di spazi di scorrimento. Adesso la capienza dello stadio è circa la metà… e lo riempiamo anche alla Bigorda, però questi attuali limiti, ristrutturando lo stadio, si possono superare. Poi è vero che allora c’erano meno costi, meno costi di servizio di sicurezza, commissione sanitaria… quindi è dimostrato che è stato possibile organizzare in proprio le manifestazioni del Niballo quando il Comune si limitava a gestire gli spazi di gara.
E come si è arrivati all’organizzazione odierna, con il Comune ente organizzatore?
I Rioni scelsero poi la strada ispirata da Siena (c’erano legami personali tra nostri rionali e le contrade di Siena) ci portarono a confronto forte con l’Amministrazione comunale e nel 1988 si arrivò a un nuovo regolamento. Vennero istituti in quegli anni i “rotellini”, i figuranti del Comune, sono ispirati da Siena. Il nostro attuale Regolamento viene da lì… e l’Amministrazione è in primo piano per la gestione organizzativa del Palio, ma la vita dei Rioni rimane autonoma. Ispirarsi a Siena è sempre pericoloso… ha pro e contro, è un unicum in Italia, nel bene e nel male. Noi nel nostro piccolo siamo una giostra autonoma e all’avanguardia. Poi il futuro può essere sembre in evoluzione.
“Il ricordo più bello? Quella rivolta del Verde…”
La prima volta al Palio? Come è successo?
Io sono entrato nel Palio a 16 anni, cooptato da Massimo Lusa, ed entrai come figurante nel Gruppo Municipale. Io in realtà andai a vedere i primi Pali con mio babbo… che era presidente dei Fiori – dove nel 1959 aveva sede l’allora Rione Bianco – e mio babbo era gasato di questa cosa e mi portò a vedere un paio di pali… ma dopo quei due o tre anni non lo seguii più. Poi, come ti dicevo, nel 1968 fui cooptato con alcuni amici accettammo questa esperienza, mettendoci in costume e mi fecero fare l’armigero. Per me è stata un’esplosione di passione… da quel momento è nata in me la passione per la storia. Da lì ho iniziato un percorso di vita che mi ha poi portato anche sul wargame. Il 2 giugno di quell’anno c’era stata la sfida Faenza-Foligno: la prima corsa in piazza con la terra. Da quell’esperienza nacque poi la “Disfida dei castelli di Val di Lamone”, una competizione dal fascino unico.
Il ricordo più bello che Aldo Ghetti ha in ambito Palio?
Te ne dico due. Uno è quello che ti ho appena detto… la meravigliosa esperienza della “Disfida dei castelli di Val di Lamone”… essere all’incrocio dei quattro corsi di Faenza e vedere una fila di 42 camion che trasportano terra per rovesciarla in piazza è una cosa unica. Da un punto di vista dell’organizzatore non ce nulla come quella. Dal punto di vista personale, il ricordo più bello è avvenuto l’anno – credo il 1976 – quando ci fu la rivolta del Rione Verde, che si ribellò a una decisione del Podestà della giostra e si preparò per andarsene dallo stadio. Il Podestà chiese a me, che ero il Capitano delle guardie municipali, di schierare i miei uomini per dare segnale di stop all’uscita del Rione Verde. Il Rione Verde ci passò letteralmente sopra… nessuno alzò le mani, io e colui che poi mi è diventato amico, Gianni Albonetti, del Verde, ce lo ricordiamo bene… lui suonava il tamburo e mi spostò di peso, anche perchè allora ero molto più magro di Lui!!!
“Adriano Capiani aveva la capacità di colpire il bersaglio nelle maniere più folli”
Quale è la vittoria più bella che hai visto?
Belle vittorie ce ne sono state tante… certamente la vittoria del Rione Giallo del 2011, purtroppo inficiata dal doping, emozionò tutti. Per quanto riguarda i cavalieri… io ho un ricordo di Adriano Capiani (Rione Nero, anni ’80-’90, ndr) che aveva la capacità di colpire il bersaglio nelle maniere più folli. Come cavaliere ricordo lui in particolare con il suo cavallo Colt. L’immagine di Adriano che colpisce in quei modi è incredibile. Come cavalli, ricordo il grande Selmonson, guidato da Mario Giacomoni (Rione Rosso, ndr), ed Eugenio (Adriano Capiani). Poi in alcune occasioni Willer Giacomoni che con la sua splendida posizione in sella sembrava “tenesse su Fiamma con le redini”. Quando vedi le fotografie in cui in curva il cavallo non ha nessun piede appoggiato a terra significa che il livello di equilibrio cavallo-cavaliere è altissimo, un gesto atletico incredibile.
Passiamo all’attualità dei giorni nostri. Come giudichi l’operato della Cooperativa dei Manfredi a poco più di un anno dalla sua istituzione?
I Rioni sono molto entusiasti, ma io un po’ meno, parlo da organizzatore e dipendente comunale. Il 16 maggio quando ci hanno consegnato lo stadio era infestato da conigli. Abbiamo catturato quasi 140 conigli, con tutte le regole del caso… Se dovessi ragionare da quel punto di vista lì, da dipendente comunale, dovrei dire che l’operato non è stato proprio splendido… io non ho particolari ragioni per valutarli. Le tempistiche sono difficili da giudicare… io purtroppo se li devo valutare per l’impatto che hanno avuto sul mio lavoro non posso dare un giudizio positivo, per fortuna è andata meglio sull’organizzazione delle riprese televisive su incarico ricevuto dal Gruppo Municipale.
“I Rioni sbagliano a credere che il Sindaco non voglia sostenerli”
Recentemente il sindaco ha dichiarato in una lettera aperta ai rioni: “I tempi cambiano e i modelli organizzativi non possono e non devono restare ancorati al passato, altrimenti si rischia davvero che il futuro del Palio abbia un orizzonte corto. Ciò che si sta valutando insieme ai Rioni e al Gruppo Municipale, è una nuova struttura organizzativa: un ente o una fondazione che organizzi in proprio gli eventi del Palio, ricevendo dal Comune tutti i necessari contributi economici, nonché gli spazi, gli impianti e le attrezzature per gli eventi“. Come giudichi la presa di posizione del sindaco?
Le motivazioni del sindaco sono fondatissime. Noi che ci lavoriamo da tempo sappiamo che il Comune fa salti mortali per organizzare questi eventi. Con il sistema attuale è difficile comprare, per dire, i cinquanta litri di Albana per la Botte, perché (ad esempio) serve una fattura elettronica che dà ulteriori spese al fornitore. Poi ci sono problemi di ristrutturazione del personale… non nego che una parte del problema sia il mio pensionamento. La mia posizione potrebbe non essere ricoperta in tempi brevi… anche perché il Servizio cultura sta per entrare in Unione e ci sarà una riorganizzazione. Per me il Sindaco fa benissimo a porsi questo problema. E secondo me i Rioni sbagliano a credere che il Sindaco non voglia sostenerli… il Comune ha mantenuto inalterato l’appoggio ai Rioni… non ci sono ragioni tecniche specifiche per dubitare di questo.
E per gli scenari futuri del Palio del Niballo?
Da un punto di vista della possibilità di creare un sistema nuovo io capisco non sia facile, ma è la situazione che si trova in nove città di palio su dieci, dove a gestire queste manifestazioni sono Pro Loco o associazioni (molto spesso semplici Associazioni di Promozione Sociale, dove il responsabile è il presidente).
È chiaro che ci si sente più sicuri con alle spalle un’organizzazione con un più alto riconoscimento giuridico, come una Fondazione ad esempio. Io credo – ma è un parere personale – ci sia la possibilità di trovare un equilibrio tra responsabilità nell’organizzare i campi di gara e la realizzazione dell’evento. Io penso che i Rioni temano la responsabilità di organizzare e allestire i campi di gara… secondo me se si trova un sistema per cui l’allestimento è mantenuto dal Comune tramite appalto a un’azienda, questo in buona parte potrebbe risolvere le problematiche dei Rioni. Dall’altra i Rioni devono avere il coraggio di diventare responsabili dell’organizzazione dell’evento. Sono convinto che ci siano dei margini di sviluppo soprattutto dal punto di vista della comunicazione e della raccolta pubblicitaria. Il Comune qui può far poco, ma già quest’anno con la comunicazione televisiva affidata al Gruppo Municipale che si è avvalso della professionalità della Cooperativa ha fatto passi in avanti, lì la Cooperativa dei Manfredi ha lavorato bene. Altra cosa… se i Rioni si costituiscono come Comitato promotore e stimolano la raccolta verso i cittadini, con 50 euro ognuno può associarsi alla fondazione … con cinquecento cittadini ti sei già fatto il capitale sociale della fondazione e attenzione, il capitale sociale di una fondazione deve rimanere inalterato, quindi sei sicuro che quei soldi restano lì per legge. Il Sindaco ha dichiarato che manterrebbe il sostegno del Comune a questo nuovo soggetto gestionale. Ritengo quindi che i Rioni debbano smettere di pensare che ci sia un disimpegno del Comune.
Pronostici Gare 2016
Secondo Aldo Ghetti chi vince il Palio del Niballo 2016?
Ne dico tre. Nel mucchio ci metto il Rione Rosso (Valentino Medori, ndr), che ha una scuderia solida. Il Rione Bianco se lo merita per Bobino (Andrea Gorini, ndr). Marco Diafaldi ha vinto l’anno scorso ed è stato miglior cavaliere a Narni. Dico questi tre qui… poi è chiaro che il Palio basta poco per passare dalla vittoria ad un risultato mediocre.
E per quanto riguarda le bandiere?
Non sono mai stato innamorato delle bandiere. Il sistema di sbandierata moderna non mi piace per niente. Io sono più legato alla vecchia maniera: più eleganza, sincronia… e pochissimo “giocoleria”. Quando vedo la bandiera che sfiora terra ed è gestita dai piedi dell’atleta, mi spiace, ma culturalmente non ti seguo più. La bandiera ha una filosofia diversa, deve essere lanciata il più alto possibile, gestita attorno al corpo con ritualità… non è uno strumento da circo.
La dama più bella di sempre?
Quella che poi è diventata mia moglie, dama del Giallo 1978. Ha fatto anche la Regina degli scacchi quell’anno in piazza.
N.B. Le foto di Aldo Ghetti sono state fornite da Paolo Biffi, capo del rione di Borgo Durbecco
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