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Edward Necki (L’Altra Faenza): “A questa amministrazione manca progettualità”

Per il dossier “Comunali 2015 – Faenza 500 giorni dopo” la redazione di Buonsenso@Faenza ha intervistato Edward Necki, rappresentante in consiglio comunale del gruppo politico L’Altra Faenza. Con lui abbiamo analizzato diversi temi dell’amministrazione della città manfreda: Faenza nel 2020, cultura, sanità, e il ruolo della sinistra faentina. 

Come rappresentante in consiglio comunale del gruppo L’Altra Faenza, che voto dà da 1 a 10 all’azione portata avanti da Giovanni Malpezzi e dalla sua Giunta in questo inizio di secondo mandato?

Il voto che do è un voto insufficiente: dire tre, quattro o cinque non cambia il concetto di fondo. Se in questo momento ci fossero ancora gli esami di riparazione, Malpezzi sarebbe rimandato a settembre. Dal momento dell’insediamento della nuova giunta ci stiamo accorgendo che non si vuole, o non si ha la forza, o non si hanno le capacità e i giusti appoggi politici, per portare avanti le linee di mandato e di programma illustrate in campagna elettorale. Continua a essere un’amministrazione caratterizzata da un approccio principalmente “contabile”: non c’è una visione prospettica di cosa sarà Faenza. La conferenza economica ad esempio, col tavolo degli imprenditori a cui hanno partecipato le parti sociali, non ha portato a risultati di nessun rilievo e si è messo – ancora oggi – come uno dei punti strategici per la crescita di Faenza lo scalo merci. Siamo ritornati a venti anni fa!

Secondo lei qual è l’aggettivo che meglio descrive Faenza nella sua situazione attuale?

Direi “Grigia”. Non c’è la forza di far vedere un raggio di sole tra le nuvole.

Come immagina Faenza nel 2020?

Mi immagino che a guidare Faenza ci possa essere la nostra forza politica, e che dia forte impulso alla città. Me la immagino come una città a misura d’uomo dove si possono collocare, in una reciproca rete d’integrazione, il turismo, la cultura, l’arte e il polo universitario. Me l’immagino come una città accogliente dove non ci si scandalizza per il ricovero di alcune persone nell’ultimo piano – dismesso – della casa di riposo del Fontanone. Per realizzare questa Faenza occorre che tutti i soggetti coinvolti mirino a remare nello stesso verso: a Faenza la mia impressione è che gli unici soggetti coinvolti dall’amministrazione sono solo una parte del mondo associazionistico. L’attuale traino che l’amministrazione pubblica dà è molto carente.

“A Faenza mancano le ABC della cultura: ci vuole più connessione tra le varie realtà”

Vorremmo concentrarci su un aspetto di primaria importanza per Faenza: la cultura. Faenza ha visto negli scorsi mesi una serie di iniziative che hanno animato il centro di Faenza, in particolare la kermesse di Argillà (giudicata a livello praticamente unanime un successo) ed il Meeting delle Etichette Indipendenti. Il Masini continua la sua programmazione di qualità ed anche a livello universitario Faenza si distingue per i risultati dell’Isia, del polo di Tebano e dell’Istituto di tecnica dei materiali ceramici di via Granarolo. Renzo Bertaccini ha però criticato fortemente la giunta giudicando insufficiente l’impegno del Comune a promuovere le attività culturali in città… a suo giudizio cosa manca a Faenza per il salto di qualità?

FaenzaA Faenza per fare il salto di qualità manca una grossa sinergia tra l’amministrazione e la progettualità. Non essendoci un vero programma di sviluppo si tende a caricare manifestazioni che già hanno dimostrato cassa di risonanza, ma non si mettono in rete le esperienze. Argillà ha avuto un trend positivo, ma agli operatori di settore ha portato poco indotto. È necessario che tutte le cose vengano veicolate in un contenitore che porti a un interscambio culturale. È un problema che in realtà abbiamo anche su livelli più ampi: noi siamo uno Stato che non investe nella cultura e così non investiamo nel futuro. L’appello di Renzo Bertaccini è condivisibile: riferendosi ad alcuni intellettuali scomparsi, ci ricordiamo delle eccellenze solo quando queste non ci sono più. Noi dobbiamo essere sul pezzo. Di eccellenze ce ne sono tante a livello culturale, ci sono chicche che ci invidiano tutti. Ad onor del vero bisogna dire una cosa: da questo punto di vista abbiamo un assessore attento. Manca però un passaggio successivo, e lo si vede per esempio nel momento in cui noi stiamo delegando a una società partecipata il turismo della nostra città, di cui i soci saranno il comune Imola e di Faenza. Non basta la nuova agenzia “If”, per fare rete bisogna mettere assieme le singole attività e monitorarle. Chi arriva a Faenza in treno esce dalla stazione di Faenza e non trova da nessuna parte un cartello che spieghi al turista dove si trova o quali sono le ricchezze del territorio. Mancano le “ABC” della cultura e bisogna permettere alle nostre bellezze di connettersi le une con le altre. Vorremmo la messa in rete per piccoli passi delle nostre eccellenze, facendo così utili e significative operazioni di marketing. Bisogna soprattutto che i nostri giovani sentano vitale la cultura a trecentosessanta gradi e vengano accompagnati al termine del percorso scolastico a coltivare tale sensibilità.

A proposito di giovani e di cultura a trecentosessanta gradi: ci siamo riferiti finora a grandi eventi d’eccellenza culturale: Argillà su tutti. Ma per quanto riguarda invece la cultura del quotidiano e delle attività di ogni giorno?

La cultura della quotidianità è più difficile da perseguire. Bisognerebbe legare piccoli eventi per permettere meglio la fruibilità degli stessi. Faccio un esempio: se un turista si presenta a Faenza il 15 agosto trova tutto è chiuso. Si dovrebbe poi creare percorsi di facilitazione tra alcuni degli istituti culturali più importanti della città: oltre il Mic abbiamo il Malmerendi, la Pinacoteca e Palazzo Milzetti che sono caratterizzati da un’apertura spot. Le scuole ci aiutano in questo senso ma c’è scollamento tra le attività portate avanti nelle materne e alle elementari – che fanno scoprire agli alunni le bellezze faentine – ma poi col proseguire degli anni, con le medie e le superiori, vi è un maggiore distacco.

“L’amministrazione dovrebbe lavorare a progetti strutturali, non tramite finanziamenti occasionali”

A livello di patrimonio storico ed artistico della città lo scenario faentino appare frammentato. Se alcuni progetti di recupero sembrano momentaneamente congelati (Case Manfredi) o mai realmente partiti per mancanza di fondi (Chiesa dei Servi), altri invece dovrebbero decollare a breve (Colonia di Castel Raniero, con l’apporto di risorse garantite dalla società Diennea) o svilupparsi positivamente nei prossimi anni (Palazzo del Podestà e Parco Bucci). L’amministrazione comunale non sta cercando di portare a casa qualche risultato, in un contesto di disponibilità di scarse risorse?

Si fanno piccoli tentativi, ma la mia sensazione è che questa amministrazione sia alla ricerca del finanziamento occasionale come unica molla che la faccia agire: leggerei in questo modo il finanziamento per il bando di recupero del Palazzo del Podestà che non avrà però piena capienza perché non abbiamo raggiunto abbastanza punti nel bando. Faenza “fa”, ma non fa qualcosa di veramente strutturale: non crea un percorso che ti permette linearmente di arrivare a step precisi di crescita. Per esempio Case Manfredi: prendiamo il problema, definiamo come vogliamo risolverlo e portiamo a casa il risultato. A me per esempio non piace troppo la soluzione che ha riguardato la colonia di Castel Raniero, perché ci si è dimenticati dell’associazionismo che ha lavorato per quei luoghi per vent’anni. Però abbiamo portato a casa un progetto di recupero e la Colonia rimarrà un bene pubblico. Io devo dire che se fosse stato possibile portare a casa il risultato senza bisogno di un intervento privato sarei stato più contento. Non dimentichiamo infatti che il bene di proprietà dell’Asp è stato donato con una finalità di scopo che risulta disattesa.

Ospedale: il ruolo dell’Altra Faenza

Uno dei punti su cui vi siete maggiormente spesi è quello sulla sanità e – in particolare – sulla riorganizzazione ospedaliera che sta attuando Ausl Romagna. Quale è la vostra posizione dopo il confronto con il direttore Ausl Marcello Tonini?

OspedaleFaenza1Sulla sanità devo fare alcune premesse: parliamo di un diritto inalienabile dell’uomo che è il diritto alla salute. Su questo non ci si può trincerare dietro l’applicazione del decreto Balduzzi come invece ha fatto Marcello Tonini in maniera esasperata all’incontro pubblico che si è svolto nelle settimane scorse a Faenza. Stiamo parlando di una problematica vera: dopo il depauperamento di vent’anni delle nostre colline, da Marradi a Faenza un ospedale non c’è. Per rendere attuativo il decreto Balduzzi l’ospedale di Faenza verrà depotenziato e non ci sono garanzie che non diventi ospedale di base, quindi un grande pronto soccorso senza specialistiche e che non può certo coprire situazioni di criticità sanitarie.

Quale è la soluzione auspicata da l’Altra Faenza?

Quello che chiediamo è che il sindaco, il massimo esponente della sanità del nostro territorio, chieda sinergia al collega di Lugo facendo in modo che i due ospedali si uniscano: avremmo così un ospedale di primo livello a trecentosessanta gradi come Ravenna. Sappiamo che non possiamo mantenere tutte le specialistiche a Faenza e su questo i due presidi ospedalieri si metteranno d’accordo. In questo modo però tutto il nostro bacino di utenza, da Casola a Marradi, avrà un ospedale di primo livello capace di dare tutte le risposte. Questa è la nostra richiesta e su questo noi non cediamo. Un altro aspetto sulla sanità riguarda le “case della salute“: noi a Faenza abbiamo situazioni assurde. Già si è derogato al dettato normativo ipotizzando una sola casa della salute e non quelle previste per numero di fruitori. Inoltre ad oggi si è data la forma alla Casa della salute ma non si è base riempita di “sostanza” (pochi medici di base vi si sono trasferiti, ndr): la Casa della salute funziona solo se i medici di base ci vanno e ne sono parte attiva: al momento a Faenza non c’è con loro un accordo. Abbiamo creato lo scheletro e non l’abbiamo riempito di contenuti.

Ma sull’ospedale concretamente cosa può fare l’amministrazione e la vostra forza politica, l’Altra Faenza?

Concretamente il sindaco ha potere d’indirizzo sulla sanità: un sindaco si può mettere di traverso, può chiedere un accordo con cui si costruiscano percorsi e realtà alternative valutando le esigenze degli utenti, della popolazione interessata. Questo Malpezzi, sollecitato anche dalla nostra forza politica, sta tentando di farlo. Teniamo presente però anche un dato politico: chi si assume la responsabilità di perdere l’ospedale non verrà perdonato dalla cittadinanza, con gravi risvolti alle prossime elezioni. Il nostro ruolo è di coordinare anche i territori vicini, noi siamo anche nel consiglio dell’Unione della Romagna faentina, dobbiamo portare al potere regionale le istanze dei nostri territori. Noi siamo lì per dare al sindaco un pungolo e un supporto in questo, non siamo opposizione a prescindere: vogliamo vigilare, contestare e stigmatizzare quello che non va, ma quando ci sono idee buone noi ci siamo.

Cosa succederà nei prossimi mesi sul tema ospedale?

Quando si saprà cosa succederà? Una bella domanda… il dottor Tonini sta finendo il giro di incontri con i vari consigli comunali. Noi politicamente – siccome le sue risposte non ci hanno soddisfatto – stiamo valutando azioni in Consiglio perché non si abbassi la tensione sul tema e continueremo a fare una politica di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

“Alla Sinistra servirebbe un interlocutore centrale”

Come giudica Edward Necki lo stato della sinistra faentina?

Io sono soddisfatto: questo è un momento di partenze. Quello che la sinistra faentina correva come rischio era quello di coagularsi nel momento delle scorse elezioni e vivesse quel momento con spirito intenso senza però dargli seguito passato il momento elettorale. Passate le elezioni il rischio era che l’adrenalina calasse, e si vedessero poi emergere posizioni differenti all’interno della sinistra. Così non è stato. A Faenza sta partendo un progetto pilota anche a livello nazionale: a Faenza si stanno sperimentando alcune situazioni che portano ad aggregare le forze di sinistra. Su questo però dobbiamo lavorare perché dobbiamo essere accoglienti e aperti al ragionamento. A tutta la sinistra farebbe bene avere inoltre un interlocutore centrale, questo alla sinistra manca: ci sono troppi sfilacciamenti. C’era Sinistra Ecologia Libertà, nascerà Sinistra Italiana dove confluiranno Sel, qualche fuoriuscita dal Pd e da altri schieramenti. In questa situazione io credo che si debba fare mezzo passo indietro e rinunciare all’egemonia della propria idea trovando una casa comune a sinistra: credo si possa fare. Il Pd ha spostato il baricentro politico al centro se non al centro destra (come si può vedere a livello locale con chi ha aiutato Giovanni Malpezzi a essere rieletto). In questo senso, credo che lo spazio di manovra per unirsi ci sia.

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