Nel 2016 in provincia di Ravenna e a Faenza continua il calo delle imprese
Il Pil cresce, ma non si può dire lo stesso per le imprese, e a farne maggiormente le spese sono quelle di piccola dimensione come quelle artigiane e giovanili. Malgrado i segni positivi di una ripresa economica alle porte in Emilia-Romagna e di miglioramenti anche sul fronte occupazionale, i numeri del registro delle imprese segnano ancora un anno in rosso. Il sistema imprenditoriale della provincia di Ravenna e dei suoi tre comprensori (il capoluogo con Cervia e Russi, il lughese e il faentino) vede un calo delle aziende iscritte, passando dalle 40.508 presenti a fine 2015 alle 39.704 di fine 2016. Il numero delle imprese subisce così un calo che si assesta -1,3%, un passo indietro più marcato sia rispetto alla media regionale (-0,7%) sia a quella nazionale, che vede una sostanziale stabilità del numero delle imprese (+0,03%).
Provincia di Ravenna: la ricchezza si concentra nella medie e grandi imprese
Va precisato che il calo dell’1,3% risente di una modifica dei criteri di calcolo effettuata dalla Camera di Commercio: fra le 2.891 cessazioni del 2016, 156 sono cessazioni d’ufficio per imprese non più operative, mentre 543 sono le cancellazioni di imprese fallite prima del 2006 per insufficienza d’attivo. In sostanza si è proceduto ad un aggiornamento straordinario del registro delle imprese. Scorporando queste due tipologie particolari, il saldo passa da -805 a -105 aziende su base annua, riducendo l’ordine di grandezza della diminuzione e portandolo verso i livelli medi dell’Emilia-Romagna. Ma si conferma comunque uno scenario che non si può dire soddisfacente: la ricchezza e l’occupazione vanno incentrandosi nelle medie e grandi imprese, mentre il tessuto imprenditoriale di minori dimensioni vede molti piccoli imprenditori costretti a chiudere.
Imprese artigiane e giovanili pagano ancora il prezzo della crisi
A fare le spese di questo quadro ancora negativo per la provincia di Ravenna sono soprattutto le imprese artigiane e le imprese giovanili, che più faticosamente riescono ad agganciarsi ai settori che vedono una traiettoria positiva a livello regionale. Le imprese artigiane, che si differenziano per una dimensione più piccola e spesso per la conduzione familiare, hanno visto un calo del loro peso percentuale sul totale delle aziende registrate. Questo è vero per tutti e tre i comprensori della provincia di Ravenna, passando dal -0,3% del ravennate, al -0,4% della Bassa Romagna fino al -0,6% della Romagna Faentina. Il 42,5% degli artigiani è attivo nel campo delle costruzioni e delle manutenzioni (idraulici, elettricisti, installatori, falegnami, imbianchini vetrai…) nel quale continua a pesare il morso della crisi: la speranza è che i segnali positivi di inizio 2017 nel mercato immobiliare frenino per quest’anno un ulteriore calo in questo settore, dopo ben nove anni di crisi.
In difficoltà anche le imprese giovanili, che vedono un calo di circa un punto percentuale in tutti e tre i territori: quasi il 30% degli imprenditori under 35 sono attivi nel commercio al dettaglio, un altro settore che ha sentito – e continua a sentire – in maniera profondissima l’impatto dell’andamento negativo dell’economia, oltre alla concorrenza dei grandi centri commerciali e delle cittadelle dello shopping. Da segnalare inoltre come solo l’1,6% delle imprese giovanili è attiva nel campo dell’informazione e della comunicazione, ad indicare che nella nostra provincia fatichino ancora ad affermarsi piccole aziende nel campo ICT.
Forte vocazione agricola per la Romagna Faentina
Venendo invece al numero di imprese attive per settore economico, emergono alcune differenze fra i tre comprensori della provincia di Ravenna. Il ravennate vede una forte presenza nei campi dei servizi (ed in particolare risultano molto presenti gli immobiliari e le imprese di intrattenimento) e dell’alloggio e ristorazione, coerentemente alla vocazione turistica di Ravenna e Cervia. Anche le costruzioni e manutenzioni sono ben insediate, un dato condiviso con la Bassa Romagna. Ma proprio il lughese e la Romagna Faentina presentano un più alto numero di aziende agricole: il 25,7% per la Bassa e il 30,3% per il comprensorio faentino. E affianco al settore primario, i territori delle due Unioni condividono anche una maggiore propensione all’industria rispetto al capoluogo, con quasi un 10% delle imprese attive nel campo della manifattura. A fine 2016 la densità imprenditoriale (unità locali per 100 abitanti) risulta più alta nel ravennate (11,43 u.l. per abitante), seguito a stretto giro dalla Bassa Romagna (11,22) e un po’ più distanziata la Romagna Faentina (10,70).
Romagna faentina: le diverse specializzazioni del territorio
Allo stesso modo si presenta come diversificato il tessuto imprenditoriale della Romagna Faentina. Da una parte abbiamo i Comuni dove le aziende agricole – che in molti casi sono individuali – sono fra il 42 e il 50% (Casola Valsenio, Brisighella e Solarolo), dall’altra vediamo la maggiore propensione alla produzione industriale per Castel Bolognese (12,8%) e Faenza (9,7%). Per dare un’idea di quanto il paese di Alfredo Oriani, di Laura Pausini e degli otto cardinali siano sbilanciati verso il settore primario, basta citare il dato regionale e nazionale (14,5%): in buona sostanza nei tre “Comuni agricoli” le coltivazioni sono tre volte più numerose che nel resto del Belpaese.
Peculiare anche il posizionamento di Riolo Terme, con un’alta percentuale di aziende nelle costruzioni. Grazie alla buona presenza di agriturismi, ristoranti e bed and breakfast l’alloggio e la ristorazione risultano più numerosi nei tre comuni collinari, dove oscillano fra il 6,5 e il 10%, un dato analogo a quello di Ravenna e Cervia. I centri maggiori quali Faenza, Castel Bolognese e Riolo vedono invece una presenza più importante dei servizi e del commercio, che probabilmente servono una clientela che va oltre il confine comunale. A Brisighella, Casola e Faenza si registra inoltre un più alto numero di imprese per abitanti (fra le 10 e le 11 aziende ogni 100 residenti), mentre a Solarolo e Riolo ci si ferma rispettivamente a 8,9 e 8,8.
Andrea Piazza